Chi lo dice che la febbre fa male? Probabilmente non lo ha mai detto nessuno, ma nella cultura occidentale si "usa" abbassare la febbre. La maggior parte delle persone infatti utilizza antipiretici - farmaci che riducono la temperatura corporea - non appena questa supera i 38° C.
Ma è giusto sopprimere quella che è una difesa naturale dell’organismo contro gli agenti patogeni?Secondo uno studio del 2006 pubblicato sulla rivista "Nature Immunology", la febbre è in grado di raddoppiare il numero di linfociti T (le cellule che fungono da "scudo" protettivo contro virus e batteri) presenti nei linfonodi. Tutte le sostanze di difesa del nostro organismo sembrano essere in grado di funzionare solo in ambiente caldo. Addirittura, secondo alcuni studi, mentre il nostro sistema immunitario ci sta difendendo attraverso l’ausilio della febbre contro diversi microorganismi, sembra produrre anche fattori antitumorali.
«Il meccanismo della febbre è una difesa dell'organismo contro le aggressioni. Le cellule del sistema immunitario vengono stimolate dal calore a produrre citochine, cioè sostanze che
combattono tutto ciò che è alterato rispetto alla norma (cellule malate, virus, batteri). Spaventa le persone perché dà malessere. Difatti le sostanze liberate dal sistema immunitario danno uno stato di malessere generale accompagnato spesso da inappetenza. La febbre andrebbe combattuta solo quando, troppo elevata in tutto l'organismo, può dare problemi» spiega il dr. Carlo Pastore, specialista in oncologia medica e perfezionato in Ipertermia Clinica Oncologica.
«Le reazioni infiammatorie e febbrili nei confronti di agenti intossicanti e infettivi sono da considerarsi reazioni “biologicamente opportune”, cioè salutari e orientate alla distruzione ed eliminazione dell’agente aggressore» afferma il dr. Francesco Perugini Billi «Il processo di calore mette i tessuti e tutto l’organismo nelle condizioni di reagire nel modo migliore possibile. Gli enzimi e molte altre sostanze di difesa prodotte dalle cellule funzionano solo in un ambiente acido e caldo. Inoltre, mentre il nostro corpo reagisce verso un’infezione, contemporaneamente produce anche fattori antitumorali. "Raffreddare" in modo intempestivo l’organismo con farmaci antipiretici, antinfiammatori e antibiotici potrebbe non essere sempre una buona idea. Sulle lunghe, questo processo di calore non adeguatamente espresso potrebbe dar via a malattie più “fredde”, striscianti, poco sintomatiche, almeno inizialmente, come lo sono le malattie degenerative, sclerotiche e tumorali», prosegue Perugini Billi.
È evidente, quindi, che non sempre è corretto adoperare farmaci antipiretici e che questi andrebbero usati solo quando strettamente indispensabile.
«Alla luce di quanto detto, appare quanto mai sbagliato tacitare tout court una febbre o un'infiammazione. I farmaci naturali (omeopatia, fitoterapia ecc.) possono rappresentare uno straordinario aiuto nella maggioranza di questi processi. Lasciano che la “reazione biologicamente opportuna” possa esprimersi in modo adeguato ed efficace, tenendola sotto controllo, ma senza mai sopprimerla e spesso evitando le complicazioni. A questi farmaci naturali il medico può aggiungere, per esempio quando la febbre è troppo alta o ci sono gravi infezioni, dei farmaci allopatici (antipiretici, antibiotici ecc.)» continua il dr. Francesco Perugini Billi.
Sembra vi sia anche una relazione tra febbre, tumore e malattie degenerative. «Diversi studi hanno indagato la relazione febbre-tumore. Uno di questi ha preso in considerazione 603 pazienti affetti da melanoma e li ha comparati con 627 persone sane. I ricercatori hanno verificato che esisteva una relazione inversa tra tumore e febbre. Infatti, il rischio di melanoma si riduceva del 40% tra coloro che avevano avuto tre o più infezioni accompagnate da una febbre che superava i 38.5°C (Melanoma Res. 1999; 9:511-9). In una meta-analisi si è indagato il rapporto tra infezioni e morte per tumore in Italia tra il 1890 e il 1960. E’ stato calcolato che una riduzione del 2% delle infezioni si accompagnava a un incremento del 2% di tumori nella decade successiva (Eur J Epidemiol 1999; 14:749-54)» spiega Perugini Billi «La comparsa di febbre è anche alla base dei casi di spontanea guarigione da tumore. Su questo si è scritto e discusso fin dal 1700. Secondo il dr. Rohdenburg, che pubblicò un esauriente studio nel 1918, la maggioranza delle guarigioni spontanee si accompagna a episodi acuti con febbre molto alta. Spesso si trattava di erisipela, un’infezione da streptococco, ma sono stati osservati anche casi di tubercolosi acuta, varicella, polmonite e malaria (J Cancer Res, 1918; 3193-225). Anche il dr. William Coley (1862-1936) fu testimone di una clamorosa guarigione spontanea in un caso di cancro avanzato della gola. Il paziente si riprese perfettamente dopo un’infezione di erisipela. L’interesse per il fenomeno fu tale che Coley mise a punto la sua famosa "tossina": un miscuglio di due batteri, Streptococcus pyogenes e Serratia marcescens, che iniziò ad usare con i suoi pazienti tumorali fin dal 1893 (Am J Med Sc, 1893;105:487-511). Negli USA, la "tossina di Coley" fu poi riconosciuta come farmaco per la ricerca clinica solo nel 1963. La letteratura riporta altri esempi di guarigione dal cancro in seguito a febbre e infezione. Per esempio, nelle remissioni spontanee da leucemia infantile la febbre si è manifestata nell’80% dei casi (Am J Med 1951; 10: 238-9), mentre nelle remissioni da melanoma la febbre era presente nel 31% dei casi (Onkologie, 1998; 21: 14-8). La sensibilità delle cellule tumorali nei confronti del calore è cosa nota da tempo. Per altro, questa sensibilità è decisamente superiore a quella delle cellule sane. Quando la temperatura si porta da 37°C a 42°C, inizia una vera e propria moria di cellule cancerose. Questo effetto è attualmente sfruttato dalla terapia Ipertemica antitumorale, che in sostanza si sostituisce alle stesse capacità dell’organismo di produrre una salutare reazione febbrile. Inoltre, diversi studi hanno anche dimostrato che cellule tumorali sottoposte per circa sei ore ad una temperatura di 41°C iniziavano a produrre linfociti T, che sono fondamentali per le difese immunitarie (Int Immunol, 2003;15:1053-61)» conclude Perugini Billi.
In Italia vi sono alcuni centri specialistici che curano i tumori proprio con una sorta di febbre indotta. Tale terapia viene definita Ipertermia. Si tratta di una terapia non invasiva effettuata con un apparecchio che produce una radiofrequenza allo scopo di direzionare il calore direttamente sull'organo malato. Il Synchrotherm RF 13.56, questo il nome dell’apparecchio, provoca un riscaldamento localizzato a una temperatura di circa 42°-43° C. «L'ipertermia è impiegata nella cura dei tumori poiché le cellule tumorali avendo una membrana aberrante temono il calore. La loro membrana cellulare non riesce a smaltirlo adeguatamente e quindi si innesca un meccanismo di morte cellulare denominato apoptosi. Inoltre localmente il danno da chemioterapia e/o radioterapia concomitante viene amplificato. Non da ultimo il calore attiva localmente le cellule del sistema immunitario potenziando la risposta contro il tumore. Può essere impiegata nella cura di tutti i tumori solidi a patto che non vi sia imponente versamento ascitico o pleurico» spiega il dr. Carlo Pastore.
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